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Parlare e leggere in pubblico

Bisogna innanzitutto cercare il contatto maggiore con chi si distrae.

E’ la persona critica, generalmente non incrocia lo sguardo e si annoia.

Se sono davanti a un pubblico per leggere qualcosa, faccio delle pause, guardo le persone negli occhi e uso la tecnica del respiro per scaricare la tensione. In questo modo comunico serenità all’altro. Cerco di trasmettere una parola che sia il più pulita possibile. Faccio capire la logica di un discorso, sottolineando alcune parole chiave, come i verbi, le similitudini per farne un inciso che comunica. Ma non adotto una tonalità che dia l’impressione che stia emettendo un giudizio.

Per leggere bene, bisogna crearsi un’immagine come fossimo noi a vivere, ad aver vissuto quello che stiamo leggendo…

Dobbiamo leggere stando ben eretti, mostrando il volto. Non mastichiamo le parole ed evidenziamo bene le doppie. L’aria deve uscire tutta o non si sentiranno bene le lettere. Stacchiamo bene poi le consonanti tra parole…

Il tono della voce deve ondeggiare, battere sui verbi, rispettare la punteggiatura, aprire le parole per dar peso (non importa se si alza la voce). Ci può essere un ‘sottotesto’, un inciso che ci teniamo in mente ma che pur non detto arricchisce il parlato di una tonalità sottintesa ma presente

Quando dobbiamo proporre una lettura descrittiva, cerchiamo di coinvolgere le sensazioni e le emozioni di chi ci ascolta. Dobbiamo avere il coraggio di dare qualcosa con la voce, non restare chiusi nel nostro guscio. Si aggiungono il senso, l’energia, la forza. Le parole hanno in sé e dentro di sé il significato, non bisogna aver paura di tirarlo fuori con il tono, il volume, l’incalzare, la velocità, il ritmo. Ci si adegua insomma a quello che si legge.

Se si deve affrontare invece una lettura soggettiva, metto delle sensazioni e dei colori. Prendo dei ricordi personali. Si stacca la spina, si pesca tra le nostre cose e senza pensare si legge quel brano…

Quando una persona vuol parlare a un pubblico, lo fa con l’intenzione di volersi far capire.

Bisogna fingere che quelli che ci ascoltano siano sordi, quindi scandire bene le parole, come se dovessimo scomporre quello che stiamo dicendo. Amplifichiamo la parola, come se dovesse essere successivamente mentalizzata. E’ la motivazione che conta.

E dunque respirazione, compitura, volontà di comunicare, punteggiatura, con cui riprendere fiato e cambiare tonalità…

Appunti sparsi tratti dal Corso di Dizione della prof. Marina Marsale Biolo, 2006

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Per info Arci Treviso 04222410590.

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