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La ricerca spirituale, una necessità che si fa urgenza

L’Uomo di tutti i tempi ha sempre cercato di evolvere sul piano materiale, determinando la nascita e la decadenza di grandissime civiltà. Di pari passo – anche se, a detta di alcuni, non a sufficienza o comunque non con lo stesso ardore – è avanzata anche la ricerca ‘spirituale’. Oggi, nell’Età dell’Acquario, però, sembra che essa sia divenuta molto più impellente, come ha illustrato il dottor Fabio Battilana, nel corso di una conferenza organizzata al Centro Estrada di Treviso nel 2010, proprio per dibattere il tema.

“Quando parliamo di aspetti spirituali – ha esordito Battilana –, non possiamo farlo senza tener conto della connotazione dinamica e del movimento che essi generano nell’essere umano. Siamo di fronte a una vera e propria spinta evolutiva. Noi ci differenziamo dalla più vicina scimmia sulla nostra scala evolutiva – per altro vegetariana – solo per un 1%, eppure siamo arrivati a fare cose enormemente superiori”.

Già a partire da un neonato, possiamo accorgerci di come sia inscritta nei suoi geni questa innata spinta evolutiva: l’attaccamento alla madre, l’accudimento, la sessualità e il senso di piacere che lo struttura nel piacere stesso, il rapporto tra pari e il rapporto gerarchico, per citare alcuni meccanismi di spinta che lo aiutano a crescere per sé all’interno di un gruppo.

Ma perché allora un adulto perde la nozione di questa spinta?

In realtà, egli si adatta ad altre situazioni più impellenti e anche in questo c’è il movimento di una spinta evolutiva.

“Per non perdere l’affetto degli altri, usiamo adattamenti che inibiscono la nostra energia vitale – ha aggiunto il dottor Battilana –  e ci adattiamo a quello che essi ci chiedono. Così la nostra vera natura non riesce a venir fuori. Come se non bastasse, una parte di questa energia repressa ci ritorna in forma negativa, come patologie. Ma ecco intervenire in noi un meccanismo innato e provvidenziale, una vera e propria spinta evolutiva: più la società ci struttura come macchine o numeri, più in noi scatta una reazione incontrollabile per andare alla ricerca del nostro Sé, della nostra individualità”.

Si tratta questa, secondo il dottor Battilana, di una necessità primordiale, perché l’energia che ci abita deve essere per l’appunto espressa. Possiamo soffocarla in molti modi con corazze personali, ma la spinta non viene mai meno. Reprimerla, anzi, non solo può portare alla manifestazione di sintomi patologici come già detto ma anche all’espressione di comportamenti anti sociali: molti ricercatori ‘spirituali’ furono, guarda caso, bollati come dei ‘disturbati’.

I moderni fisici non cercano solo di spiegare gli eventi della vita ma anche di trovare la formula unica, un po’ come andare alla ricerca di Dio, se vogliamo fare un paragone con gli uomini spirituali. Ma secondo Battilana, non è l’unica ricerca. C’è anche quella sull’essere umano. “In noi ci sono mezzi e sostanze per poter creare qualcosa che è diverso – aggiunge – Cambiamo il modo in cui vediamo le cose e certi tipi di esperienze modificano il nostro cervello. La meditazione, per esempio, può modificare la rete neuronale. La ricerca spirituale è un modo diverso di affrontare i problemi. I problemi e la sofferenza sono sempre gli stessi, ma il modo di reagire no. Più siamo nella conoscenza, più sentiamo il morso della sofferenza ma anche il piacere della gioia. È solo la conoscenza del Male e del Bene che ci permette di diventare simili a ‘Dio’”.

Un uomo che camminava per un campo si imbatté in una tigre. Si mise a correre, tallonato dalla tigre. Giunto ad un precipizio, si afferrò alla radice di una vite selvatica e si lasciò penzolare oltre l’orlo. La tigre lo fiutava dall’alto. Tremando, l’uomo guardò giù, da dove, in fondo all’abisso,, un’altra tigre lo aspettava per divorarlo. Soltanto la vite lo reggeva. Due topi, uno bianco e uno nero, cominciarono a rosicchiare pian piano la vite. L’uomo scorse accanto a sé una bellissima fragola. Afferrandosi alla vite con una mano sola, con l’altra spiccò la fragola. Com’era dolce!

(Buddha)

Ma questa conoscenza può essere reale solo se si basa sulla sperimentazione degli opposti. Non possiamo insomma conoscere la gioia senza il dolore e ambedue vogliono l’apertura del cuore. Si tratta di una ricerca interiore molto speciale che non finisce mai.

In cosa consiste allora la ‘contentezza’? “La contentezza – precisa Battilana – sta nell’esser nel ‘cammino’, ‘in progress’. Non è importante risolvere un problema ma essere ognuno al proprio posto”. Un processo tutt’altro che semplice, però… “È l’Io che non vuol accettare il retaggio biologico che ci tiene incatenati, invece è importante accettare quello che si è, perché non farlo porta sofferenza. Il destino è qualcosa di meccanico cui non si può sfuggire, va bene, ma dentro di noi c’è un progetto da scoprire, un progetto genetico inscritto nel Dna. In questo modo si arriva alla Fratellanza, alla rete che ci unisce”.

Più noi siamo a contatto con la nostra sofferenza/gioia, insomma, più riusciamo a essere in comunione con gli altri, sentendolo sulla nostra carne. “Chi ha raggiunto certi traguardi, non può non sentire la necessità di aiutare gli altri, per farli uscire dal loro stato. Non possiamo infatti negare la nostra origine biologica. Da neonati, si sono formate in noi delle emozioni. Noi non dobbiamo eliminarle ma togliere loro l’energia che ci porta a compiere sempre le stesse azioni distruttive, in modo meccanico, per metterla nella vita e nella gioia. Non possiamo non essere Uomini. Ci sarà sempre, si badi bene, qualcosa che ci farà soffrire ma deve essere ben chiara, così da poterla poi distinguere dalla vera gioia”.

Nulla, insomma, è lasciato al caso e tutto viene disciplinato dai veri e propri meccanismi evolutivi che tutelano la Vita: “Nel neonato una gioia immensa può essere pericolosa e creare problemi al cervello. Il solo pensiero di poter avere la madre che desidera immensamente potrebbe essergli fatale. Così sogna un giorno di sposarla. In questo modo sta bene e non si autodistrugge. È una necessità, un vero e proprio meccanismo evolutivo. Il voler per forza non sentire quello che viviamo di cattivo e non salutare per noi è mettere una barriera all’energia. E pensiamo: ‘Sono stato ferito e tu non mi freghi più’. La ricerca spirituale invece ci dona la Fiducia che è la Fede Razionale, così godiamo di quello che abbiamo.”.

E allora come dobbiamo rapportarci cogli altri? “Se tu hai una grande fiducia, vedi nell’Altro l’immagine di Te e non ti senti più solo al mondo. Sono gli occhi della mamma che ci dicono chi realmente siamo. Io osservo i vostri occhi e vedo come mi comporto. Voi modellate il mio Sé”.

Con questa consapevolezza, si può così uscire dalla ‘maschera’ che ognuno di noi porta e che ci fa soffrire? “Io in questo modo ho espresso quello che realmente sentivo – aggiunge Battilana – e lì è la soddisfazione, il motivo per cui stiamo al mondo. Un Cammino che ci porterà a una società migliore per una collaborazione fraterna. Gli altri ci rinviano sempre indietro quello che noi siamo. Puoi non piacerti e lo rifiuti, dicendo che gli altri sono sciocchi. Oppure resti con quello che loro ti rinviano e ascolti la tua ‘pancia’, quello che si agita in essa”. Esiste anche un altro meccanismo evolutivo che ci aiuta: “Non possiamo essere fusi agli altri. Il bimbo piccolo sta bene, ma non ha coscienza del suo corpo. La vita gli immette però dei meccanismi per cui dovrà separarsi dalla madre. La sessualità, per esempio, ci rende individui, ci differenzia”.

C’è dunque speranza per l’Uomo dell’Età di Aquarius? “Sì, io sono convinto che l’Umanità di oggi sia migliore di quella passata. L’essere umano è nato per amare ed essere amato. L’Amore ci aiuta e ci rende liberi”.

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