E’ ormai assodato che il proverbio popolare “il riso fa buon sangue” ha dei solidi supporti scientifici. Il prof. Susumo Tonegawa, premio Nobel per la Medicina, riprendendo i grandi medici dell’antichità, Ippocrate e Galeno, asserisce che chi è musone, triste, depresso, non riesce a tener lontane le malattie.
Cerchiamo di comprenderne il perché.
Si sa ormai da tempo che moltissimi malanni hanno cause nervose; sono le cosiddette malattie psicosomatiche: gastriti ulcerose da capufficio, emicranie d’origine coniugale, cancri rispecchianti vite piene solo di tristezza, sfortuna, depressione. Le emozioni negative, cioè, influenzano il sistema nervoso il quale, a sua volta, agisce malamente sugli altri organi del corpo.
Una branca della medicina, la psiconeuro-endocrino-immunologia (PNEI), solo da pochi anni, si sta occupando di questi fenomeni; in particolare gli studiosi si pongono la domanda: se quello appena descritto è il percorso delle emozioni negative, ne esisterà uno inverso per le emozioni positive?
In medicina è stato osservato, un fenomeno curioso, I’effetto placebo, che si origina quando – negli esperimenti clinici – un malato assume false medicine da lui credute vere.
Molti pazienti, così trattati, migliorano e guariscono. E’ la fiducia nella cura che mobilita nel paziente la voglia di guarire? Certo è il sistema immunitario che, sotto la possente spinta dell’emozione positiva della speranza, si rafforza fino a sconfiggere il male.
Dopo una bella risata, ecco cosa ci succede: il corpo è più rilassato, il battito cardiaco è regolare dopo la violenta accelerazione dello scoppio di risa. I muscoli si distendono dopo il forte irrigidimento; se avete mangiato, la digestione sarà più facile e rapida. Se foste in grado di farvi un’analisi del sangue in quel momento, scoprireste che sono entrate in circolo sostanze che aiutano il sistema immunitario a difenderci dalle malattie; tra queste sostanze, le endorfine, dette anche oppioidi endogeni, cioè autoprodotti.
Dunque, una via emotiva alla salute esiste; si tratta di scoprire se emozioni come l’ilarità, la gioia, la contentezza possano rappresentare un’accelerazione di questo percorso verso la salute, attraverso la valorizzazione di quell’accorgimento di natura che consiste nell’allargare la bocca, alzarne gli angoli, illuminare gli occhi, espirare a scatti l’aria ed emettere sonori vocalizzi.
Gli studiosi hanno calcolato che ridere anche un solo minuto al giorno equivale a 45 minuti di completo relax psicofisico.
LA VIA ALL’AUTOGUARIGIONE
Esiste dunque una via all’autoguarigione, nella quale il riso, alla pari di numerose tecniche e terapie dolci, può assumere un ruolo importante. In varie parti del mondo la risoterapia è praticata sotto varie forme: si va dalle suore del St. Joseph Hospital di Houston che raccontano barzellette ai pazienti agli infermieri della risata, presso la Oregon Health Sciences University.
Nel St. John Hospital di Los Angeles esiste una TV a circuito chiuso che trasmette esclusivamente materiale comico. In Sud Africa, Marcus McCausland e la sua fondazione mettono a disposizione degli ammalati di cancro dei ‘reparti di terapia del riso’ con nastri video, audio, libri ed esperti comici. Iniziative analoghe sono state prese in Svezia, Olanda e Gran Bretagna. Peraltro non si contano gli articoli e testi di eminenti studiosi apparsi sulle riviste scientifiche di mezzo mondo.
I malati, gli anziani reagiscono bene alle sollecitazioni umoristiche, poiché la risata rompe lo stato d’ansia, allenta la paura, rende l’istituzione-ospedale meno incombente, avvicina i pazienti, ora solidali nel divertimento, non più nel dolore. Li allontana dalla morte: ridere costringe ad un cambiamento psicologico della persona. Il professor H.Rubinstein, autore del saggio “Psicosomatica del riso: ridere per guarire” afferma che poiché il riso funziona come stimolante psichico, disintossicante contro ansia ed angoscia. quando si ride si attua anche un vero e proprio jogging dello spirito che libera dalla depressione e migliora le relazioni interpersonali. Così, ridendo, si cambia punto di vista ed i nostri rigidi schemi mentali ne risultano positivamente scompaginati.
Ma non è tutto: alla fine degli anni ’80, fu condotto un interessante esperimento. Venne detto ai partecipanti allo studio di tenere una matita con la bocca in determinati modi. Il primo gruppo teneva la matita stretta tra i denti in orizzontale, forzando un sorriso. Il secondo la teneva in verticale con le labbra, in modo da non poter sorridere; anzi la postura li obbligava ad aggrottare leggermente le sopracciglia. Il gruppo di controllo teneva la matita in mano. L’espressione facciale richiesta influì su come venivano percepite le immagini. Quando sorridevano, i soggetti trovavano le immagini più piacevoli rispetto a quando aggrottavano le sopracciglia. Inoltre gli effetti del sorriso durarono fino a 4 minuti dopo.
IL RISO, LA MORTE, LA VITA, IL SESSO
Nel caso del riso, psicologia e scienza medica trovano precisi riscontri nel mito, nella storia, nell’antropologia, nelle religioni.
Sotto tutte le latitudini (dalla Grecia all’Egitto, al Giappone) si narra la storia di un dio gravemente offeso che con la sua sola assenza condanna l’umanità, ma anche tutto il creato, ad una morte certa. In tutti questi miti è una donna che, mostrandosi oscenamente nuda al dio, lo spinge al riso. Effetto di questo ridere è la fine del pericolo incombente, in una parola la resurrezione.
Elementi per collocare il riso al confine tra la morte e la vita, in funzione di resurrezione, ce ne sono moltissimi, in tutte le culture umane. I Russi andavano nei cimiteri a ridere sulle tombe per propiziare la resurrezione delle anime e nei campi per propiziarsi un abbondante raccolto. Nelle chiese di tutta Europa, fino al ‘700, a Pasqua si rideva a crepapelle, perché la resurrezione del Cristo è anche la resurrezione di tutta l’umanità. Questi dati, qui sommariamente accennati, vanno tutti nella direzione di considerare il Riso, l’allegria, la gioia, come metafora del Sesso creatore di vita.
Non è casuale che in alcune lingue ridere assieme sia sinonimo eufemistico di fare l’amore.
A questo punto… non ci resta che riderci sopra…