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Nomadelfia, un popolo in cammino

Quando entrate in Nomadelfia per scrutarne il mistero andate in punta di piedi perché quello che vedete è un semplice fiore strapazzato dal mondo, che nasce da una pianta avvolta nel silenzio, le cui radici sono piantate nelle più impensate miserie della vita umana, nelle tragedie dei cuori e nello sfacelo di un mondo che rovina e che rovinerà fino alla consumazione dei secoli. Ivi dove toccate col pensiero vuoto e con superficiale curiosità offendete a morte. Nel qual caso vi guardiamo e vi perdoniamo offesi a morte” (Don Zeno, 1959).

Iscrizione su pietra all’entrata del gruppo familiare Diaccialone.

Per chi lascia la strada statale Grosseto-Siena al km. 8, in Toscana nel cuore della Maremma, costeggiando una collina con in cima una croce, Nomadelfia si presenta come un piccolo, originale villaggio. Le modeste abitazioni prefabbricate non sono addossate le une alle altre, ma sparse fra la campagna lavorata e i boschi di querce da sughero che rivestono le prime colline, tanto da non dare l’idea di un unico centro. Il centro, se così si può chiamare, è formato da una chiesetta prefabbricata, da due ampie tende e da una costruzione che nelle feste diventa luogo di incontro e ricreazione trasformandosi in bar.

Qua e là un gruppetto di abitazioni: sono “gruppi familiari”, costituiti ognuno da quattro o cinque famiglie che vivono insieme; c’è un’abitazione centrale dove sale da pranzo, cucina, laboratori sono in comune, e intorno piccole case dove ciascuna famiglia ha le sue camerette. Ogni tre anni i gruppi vengono ricomposti per fraternizzare persone e famiglie.

Le famiglie sono aperte all’accoglienza di minori in stato di disagio o di abbandono. La paternità e la maternità sono esercitate “in solido” da tutti gli adulti, che si impegnano ad amare e a collaborare nell’educazione di tutti i figli secondo una linea pedagogica comune ispirata al Vangelo. Gli abitanti, qualche centinaio, vivono fraternamente insieme. Il nome “Nomadelfia”, infatti, significa: la fraternità è legge. Lavorano nelle aziende, nei laboratori, negli uffici, nelle scuole della comunità. Non esiste disoccupazione. Per risolvere il problema dei lavori

stagionali, pesanti, ripetitivi si organizzano “lavori di massa” ai quali partecipa tutta la popolazione. E dopo il lavoro si radunano in una sala comune per un’ora di studio e di riflessione.

Il centro scolastico è formato da diversi prefabbricati schierati accanto al campo sportivo. Insegnanti sono gli stessi Nomadelfi. La scuola d’obbligo è estesa a 18 anni e i figli sono presentati agli esami come privatisti presso le scuole statali. Una volta raggiunta la maggiore età sono liberi di rimanere oppure lasciare Nomadelfia. Se desiderano essere Nomadelfi, come le persone che provengono dall’esterno, sono sottoposti ad un periodo di prova di tre anni, al termine del quale sottoscriveranno la Costituzione sull’altare, Nomadelfi non si nasce, si diventa per vocazione e per scelta.

Non circola denaro, nessuno è pagato e non si paga niente, tutti i beni sono in comune, non c’è proprietà privata. Il tenore di vita è volutamente modesto ed è uguale per tutti.

La partecipazione alle iniziative della comunità e alle funzioni religiose è del cento per cento. Chi sbaglia è perdonato purché ammetta il suo errore e si penta. Sembra un mondo diverso, ma non è un sogno né un’utopia, è una realtà con virtù, difetti, problemi e difficoltà, e la vita in comune ne aggiunge, forse di più insidiosi, a quelli personali. Lo spirito che anima Nomadelfia è quello delle prime comunità cristiane che gli Atti degli Apostoli descrivono così: “La comunità dei credenti viveva unanime e concorde… vivevano insieme fraternamente… mettevano in comune tutto quello che possedevano… nessuno mancava del necessario”. La Costituzione si ispira ai valori del Vangelo e alla forma degli Stati di diritto. È una democrazia diretta nella quale tutti i membri effettivi partecipano attraverso l’Assemblea ad approvare le leggi, a prendere le decisioni più importanti, a rinnovare le cariche costituzionali. Questo “paese” è stato fondato da don Zeno Saltini (1900 -1981), che a 20 anni decide di “cambiare civiltà” cominciando da se stesso e nel 1931, facendosi sacerdote, accoglie come figlio un ragazzo che esce dal carcere. Da allora oltre 5.000 figli sono stati accolti nelle famiglie di Nomadelfia. Ma non è un istituto, né una città dei ragazzi.

Per lo Stato Italiano è un’associazione civile, una Fondazione, ed è organizzata sotto forma di cooperativa di lavoro. Per la Chiesa è una parrocchia comunitaria ed un’associazione privata tra fedeli. Non è chiusa in se stessa, e si presenta come fermento in mezzo alla società che la circonda. Accostandosi a Nomadelfia c’è chi l’apprezza, chi l’abbraccia per tutta la vita, chi la rifiuta. Essa rappresenta comunque una speranza verso una società più umana e più giusta, dove l’uomo non veda nel vicino un concorrente se non un nemico, ed è un’alternativa a queste nostre società sempre più assetate di benessere e sempre più rinchiuse nell’egoismo.

In Nomadelfia l’egoismo è combattuto, la famiglia si apre e si unisce alle altre famiglie (e per questo si salva), nel lavoro non ci si scavalca annientando i più deboli… e i consigli del Vangelo diventano legge.

Sembrerebbe una vita ideale, serena, tranquilla. Non è così. Nomadelfia non è un rifugio, né una sistemazione. Richiede rinunce, generosità, impegno e perseveranza, perché la vita comunitaria non è facile né comoda. Resisterà al tempo? I tentativi di realizzare questo tipo di società nella storia sembrerebbero dimostrare che le comunità sociali non resistono al tempo. Ma se i Nomadelfi saranno coerenti alla legge che hanno sottoscritto, e si ameranno l’un l’altro come Gesù ha comandato, non soltanto resisteranno, ma potranno testimoniare al mondo che è possibile costruire una nuova civiltà fondata sul Vangelo.

Alcuni dati:

Nomadelfia” significa: la fraternità è legge

• Un popolo di volontari cattolici che vuole costruire una nuova civiltà fondata sul Vangelo

• Fondata da don Zeno (1900-1981)

• Tutti i beni sono in comune, non circola denaro, non esiste proprietà privata

• Le famiglie sono disponibili ad accogliere figli in affido

• Quattro o cinque famiglie insieme formano un gruppo familiare

• Gruppi familiari che vengono ricomposti ogni tre anni

• Tutti lavorano all’interno, nessuno è pagato, non esiste disoccupazione

• Ogni giorno si dedica un’ora alla riflessione: si chiama “cultura”

• I figli frequentano le scuole interne e l’obbligo è esteso a 18 anni

Per maggiori informazioni tel. 0564 338243 oppure fax 0564 338233.

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